Il fine ultimo dell'allenamento coincide con il miglioramento (personale o di squadra), di conseguenza nella maggior parte dei casi, con l'appuntamento agonistico per eccellenza: le competizioni.
Giungere ad una gara in uno stato di forma ottimale è al quanto complesso, spesso sono un insieme di fattori esterni, non calcolati, a penalizzare la prestazione finale, nonostante la programmazione sia stata gestita in maniera corretta. Ciò non toglie che una periodizzazione corretta sia l'unico mezzo per giungere al picco di prestazione e/o al mantenimento dello stato di forma per un periodo di tempo variabile.
Potremmo suddividere l'allenamento in tre periodi principali:
-periodo di preparazione
-periodo di gara
-periodo di transizione.
Ovviamente essi si diramano poi in più periodi, che tratteremo in seguito. Il periodo di preparazione si distingue infatti in generale e speciale (maggiormente specifico); il periodo di gara prevede tutte quelle tappe di avvicinamento alla miglior condizione, acquisita poi con la partecipazione alle diverse competizioni; mentre il periodo di transizione consiste nel lasso di tempo dedicato alla rigenerazione mediante lo svolgimento di attivitá diverse da quella principale.
Inseriamo ora i concetti fondamentali di: macrociclo, mesociclo e microciclo.
Il primo non è altro che quel periodo di tempo intercorso tra l'inizio della programmazione e l'obiettivo finale, ovviamente la sua durata è variabile. Al suo interno esistono i mesocicli, di durata variabile tra qualche settimana e pochi mesi, a loro volta costituiti dai microcicli: periodi da 2 a 10 giorni costituiti, a loro volta, dalle singole unitá di allenamento.
La programmazione comincia quindi da qui, ricercando poi, solo in seguito, le qualitá da sviluppare nelle singole unitá di allenamento.
Va da sè che la gestione oculata delle singole sedute allenanti risulti essenziale, specie per quanto riguarda la loro successione, che deve essere intervallata da periodi di recupero più o meno lunghi, a seconda dello stress subito dall'organismo. Per il meccanismo della supercompensazione, citato nella "parte 1", l'organismo in seguito ad uno stress, dopo un periodo di recupero, si adatta dapprima e quindi costruisce delle strutture extra che ovviamente comportano un dispendio energetico superiore per essere mantenute, rispetto alle precedenti; ne consegue che se questo recupero risulti incompleto e gli stimoli troppo vicini tra loro non solo non vi sará un miglioramento qualitativo ma, anzi, le prestazioni caleranno. Perchè? Presto detto.
Il carico di allenamento si distingue per: intensitá, volume, frequenza e densitá, principalmente.
Dove l'intensitá è il parametro qualitativo, difficilmente valutabile in quanto fortemente dipendente dal carico interno, mentre il volume rappresenta la quantitá, ovvero la sommatoria degli stimoli applicati. La densitá di un allenamento invece è maggiormente rilevabile in quanto è data dal rapporto tra la durata di carico e la durata di recupero; la frequenza invece è semplicemente definita come il numero di unitá di allenamento settimanali o in un microciclo.
Una volta definiti i parametri costituenti l'allenamento e intrecciandoli con il concetto di supercompensazione, verrá da sè che le qualitá non possano essere allenate tutte al massimo, specie per quanto riguarda intensitá e volume: qualitá e quantitá. Una seduta dall'alta intensitá ma dal volume moderato dará una risposta supercompensativa nettamente differente da una seduta di egual volume e intensitá:
Se infine non si rispetteranno i tempi di recupero, sottoponendo l'organismo a stress troppo ravvicinati fra loro, il risultato sará quello di un decadimento prestazionale progressivo, sino a sfociare nel temuto sovrallenamento o overtraining, che tratteremo in un capitolo a parte.