Dopo aver osservato i metodi di allenamento e fatto solo accenno al ruolo della frequenza cardiaca, in questo capitolo l’obiettivo è ora quello di approfondire l’argomento e sottolinearne l’importanza in ambito di prestazione, analizzando inoltre gli strumenti che permettono di monitorare la frequenza stessa durante l’attività fisica.
“Ascolta il tuo cuore. Esso conosce tutte le cose.”
Paulo Coelho ne “L’alchimista” (1998) raccontava con queste parole il rapporto tra l’uomo ed il proprio cuore, ebbene se volessimo ora applicarlo in ambito scientifico questo concetto potrebbe esser capovolto in “ascolta il tuo cuore, grazie ad esso conoscerai tutte le cose”. O meglio, molte…
In principio il ruolo dell’apparato cardiovascolare in ambito allenante era noto, ma le difficoltà nel rilevare l’andamento di tutti i parametri fondamentali del cuore, se non in ambiente di laboratorio, rendevano la successiva applicazione pratica alquanto difficile, spesso non fattibile.
Il progresso, gli studi e nuovi materiali hanno dato origine ad uno strumento ormai noto a tutti e di largo consumo: il cardiofrequenzimetro.
Esso è nato essenzialmente quale strumento di rilevazione della frequenza cardiaca, parametro fondamentale dell’apparato cardiovascolare, che ora a grandi linee vediamo come lavora:
Il cuore non è altro che la pompa principale del corpo umano, in grado di far scorrere il fluido sanguigno lungo il proprio sistema, quello vascolare. Osservando la figura, esso dispone di due atri e due ventricoli: i primi hanno azione di raccolta, mentre i secondi di invio.
L’atrio destro riceve tutto il sangue (con rimanente quantitativo di ossigeno) prima del suo passaggio, attraverso la valvola tricuspide, nel ventricolo (destro ovviamente), il quale, con la propria funzione di invio, pompa sangue nell’arteria polmonare tramite la valvola polmonare semilunare. Il fluido sanguigno viene quindi trasportato ai polmoni, affinchè venga ri-ossigenato; per questo il lato destro viene definito “polmonare”.
La circolazione prosegue attraverso le vene polmonari, il sangue quindi fa ritorno al cuore ed entra nell’atrio sinistro, passa tramite la valvola mitrale ed entra nel sottostante ventricolo, prima di lasciarlo attraverso la valvola aortica semilunare, giungendo quindi nell’aorta per continuare la circolazione verso i restanti sistemi dell’organismo. Per questo il lato sinistro è definito “sistemico”.
La frequenza cardiaca è solo uno dei parametri cardiocircolatori che definiscono la funzionalità dell’apparato, le cui componenti sono rappresentate anche da: volume di scarica sistolica, gettata cardiaca, flusso ematico, pressione sanguigna e valori sanguigni.
Oggi ci occuperemo solo della…
DEFINIZIONE DI FREQUENZA CARDIACA:
Il numero di battiti cardiaci (bpm) in un minuto.
L’attività cardiaca è data da una contrazione e da un rilasciamento, la fase contrattile è definita sistole, mentre la fase di rilasciamento è chiamata diastole. Un ciclo cardiaco è dato da una sistole e da una diastole, se la frequenza sarà di 60 bpm esso avrà durata di circa 1 secondo, ovviamente a 120 bpm al minuto, il ciclo cardiaco risulterà dimezzato.
Fig.2 – Riepilogo interazione frequenza cardiaca – ciclo cardiaco. D.Zecchi
La proporzione tra diastole e sistole non è però equamente suddivisa in termini di tempo, infatti osservando un soggetto con frequenza cardiaca pari a 74 bpm e con ogni ciclo di 0,81 secondi, la diastole impiegherà 0,50 sec. mentre la sistole 0,31 sec. (Esempio da “Biologia dello sport” – J.Weineck)
FREQUENZA CARDIACA A RIPOSO:
Sempre analizzando la figura 2 si nota come alcuni casi possano esulare dai cosiddetti parametri normali, andando a rinfoltire la schiera dei casi patologici o degli atleti di alto livello.
Considerando un range a riposo tra i 60 ed i 90 bpm (estendibile fino ai 100 bpm), coloro che si collochino al di fuori di questi parametri vengono definiti bradicardici se la f.c. si pone al di sotto dei 60 bpm, mentre sono tachicardici i soggetti con oltre 100 bpm a riposo.
In soggetti allenati, in particolare con riferimento agli sport di resistenza, non si può parlare di una vera patologia, in quanto tra le risposte fisiologiche all’esercizio fisico prolungato vi è la riduzione della frequenza cardiaca a riposo, che può stazionare, per atleti di buon livello, dai 45 ai 55 bpm, fino a raggiungere valori limite di 35-40 bpm.
Casi eccezionali sono poi quelli dello spagnolo Miguel Indurain con 28-29 bpm a riposo o di Marco Pantani con 33-34 bpm.
In tutti i casi tali valori non sono da considerarsi inalterabili, ma al contrario possono variare quotidianamente, quando però queste variazioni (misurate al mattino poco dopo essersi svegliati, in posizione supina ancora a letto), oscillano oltre gli 8-10 battiti al minuto sono un importante campanello d’allarme. Tale variazione può essere la conseguenza di diverse cause: virus o malattia, condizione di disidratazione, recupero inadeguato, fino a giungere al sovrallenamento, che vedremo in seguito, in un altro capitolo. Anche sotto sforzo queste variazioni possono accadere, a causa dell’altitudine, della temperatura, dell’umidità, dell’alimentazione, della massa muscolare impiegata e dello stress di gara.
Tutti fattori che valuteremo in capitoli a loro interamente dedicati, in seguito.
FREQUENZA CARDIACA MASSIMALE:
Incrementando l’intensità di un esercizio si avrà un aumento della frequenza cardiaca, con una “salita” variabile per modalità e durata da soggetto a soggetto, fino al raggiungimento del massimo sforzo in correlazione alla massima frequenza cardiaca.
Questa è la rilevazione diretta della f.c. max, ma esiste anche un metodo indiretto, anzi più di uno.
Per anni la formula:
FC max uomini = 220 - età /// Fc max donne = 226 - età
è finita su centinaia di libri, riviste, palestre e quant’altro, ancora oggi viene molto utilizzata, in particolare in ambito fitness, più però per un discorso di salvaguardia della salute che per un utilizzo specifico allenante.
Essa infatti non tiene conto di tutte le variazioni che un cuore allenato può subire nel corso di periodi di attività fisica, oltre ad essere una standardizzazione su scala mondiale.
Successivamente Karvonen inserì il concetto di frequenza cardiaca di riserva (FCR)
FCR = FC max - FC riposo
inserendola nella formula:
[(220-età-Fc riposo) x % intensità (da scegliere)] + FC riposo
Altri studiosi proposero nel corso degli anni formule diverse, tra le più interessanti troviamo quella del giapponese Hirofumi Tanaka, frutto di studi sulla popolazione, che hanno dato vita alla formula:
FC max = 208 - (0,7 x età)
Dalle formule si evince come queste siano date da studi sulla media di una popolazione, ovvio ci siano in esse delle “falle” riscontrabili in test diretti su campioni tra loro differenti.
Ciò non toglie che, specie nei casi di Karvonen e Tanaka ci si sia avvicinati a buoni risultati. Sarebbe però un errore da parte di un preparatore atletico affidarsi soltanto ad esse, fino a basare tutto sul concetto di frequenza cardiaca massima, in quanto la frequenza cardiaca di soglia, in ambito di valutazione della prestazione (escludendo la potenza che vedremo in seguito), è un mezzo decisamente migliore per osservare variazioni della performance sportiva.
Proprio del concetto di soglia aerobica ed anaerobica parleremo nel prossimo, ricco, capitolo.
Conoscere la propria frequenza a riposo, la massima e soprattutto la propria soglia anaerobica risulta fondamentale per imparare…
UTILIZZO DEL CARDIOFREQUENZIMETRO:
Negli ultimi vent’anni l’industria del cardiofrequenzimetro è cresciuta su larga scala, in maniera esponenziale e se prima il mercato era praticamente dominato dal colosso Polar, ora le case produttrici sono sempre più competitive tra loro e lo standard qualitativo ha finito per beneficiarne, innalzandosi.
Costi relativamente ridotti e strumentazioni leggere e poco ingombranti hanno fatto si che il suo sviluppo incrementasse e che il “cardio” diventasse uno strumento di massa, non limitato all’elite.
Scientificamente esso è costituito da una fascia elastica contenente un trasmettitore a elettrodi, il quale invia segnali amplificati del battito cardiaco ad un ricevitore a forma di orologio o microcomputer. Questi segnali nel corso degli anni sono stati “schermati” o “codificati” in modo da non entrare in conflitto con altri cardiofrequenzimetri nelle vicinanze, in seguito sono nate diverse tipologie di segnale come “ANT+” o “WIND” ma il concetto di base è rimasto pressoché tale.
I produttori hanno continuato a lavorare poi su altri concetti, in particolare sull’interfaccia grafica, migliorando l’analisi dei dati post allenamento su computer, grazie a software più approfonditi e predisponendo i propri strumenti per autentici server interattivi e di condivisione: come Strava, Garmin Connect ecc…
Tra le principali funzioni che un buon cardiofrequenzimetro deve avere mi sento di consigliare:
Fig.3 – Funzioni principali di un buon cardiofrequenzimetro. Guida alla scelta. Davide Zecchi.
Purtroppo gran parte dei clienti finali acquista questo importante strumento e lo sfrutta solo per un 30% rispetto a quanto potrebbe essere fatto con una maggiore conoscenza, soprattutto lo fa senza sapere i propri reali valori in termini di soglia aerobica ed anaerobica, allenandosi a sensazione per anni, su basi spesso errate e quasi sempre tendenti alla sovrastima di sé stessi.
Per questo nel capitolo a seguire si vuole approfondire l’argomento, al fine di conoscere realmente cosa significa la terminologia “aerobico-anaerobico”, il “mito della soglia” ed imparare ad ottimizzare gli allenamenti grazie ad una miglior impostazione del cardiofrequenzimetro.
Continua…
Grazie dell’attenzione
Davide Zecchi
Dott. in Scienze Motorie
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:
"L'alchimista", P.Coelho (1998)
"Fisiologia dello sport", J.Willmore-D.Costill