Dopo aver valutato il ruolo della frequenza cardiaca, seppur prevalentemente a livello teorico, ora entriamo nel cuore dell’argomento analizzandone l’applicazione pratica in relazione al ruolo fondamentale della soglia aerobica ed anaerobica.
Analizzare il ruolo della soglia, in particolare di quella anaerobica, significa affrontare uno degli argomenti più interessanti e maggiormente richiesti da parte degli appassionati di sport, che da sempre sono affascinati da questa definizione, ma spesso tendono a confondere o mischiare tra loro più concetti, finendo frequentemente per confondere la frequenza di soglia con la frequenza massima, considerandola quindi come un limite invalicabile.
Non è così e scopriremo infatti come il passaggio tra le due soglie non debba essere visto come una linea di demarcazione tracciata di netto, ma per apprendere tutto ciò non ci si può esimere dal fare chiarezza, a partire dal dare una definizione dell’argomento.
Dalla fisiologia sappiamo infatti:
- la Soglia Aerobica (SaE o AT-aerobic threshold) corrisponde al punto d’intensità in cui si assiste all’aumento della produzione di lattato rispetto ai valori basali.
Secondo gli studi di Mader si localizzerebbe a 2 mmol/L di concentrazione.
- la Soglia Anaerobica (SaN o LT-lactate threshold) corrisponde al punto d’intensità in cui si ha la massima concentrazione di lattato, tale che possa essere ancora smaltito dal sangue, trovandosi così in una situazione di equilibrio tra produzione e rimozione. Sempre secondo Mader essa si localizzerebbe a 4 mmol/L di concentrazione.
Al di sopra di questa soglia la velocità di produzione di lattato supera quella di smaltimento, pertanto si innesca il meccanismo anaerobico lattacido, mediante la glicolisi anaerobica, con conseguente marcato aumento della “fatica”.
Fig.1 – Rappresentazione grafica della soglia aerobica ed anaerobica in relazione alla concentrazione di lattato, secondo la definizione di Mader. D.Zecchi
Volutamente, da figura, il passaggio da una soglia all’altra è rappresentato in maniera sfumata, come a consolidare il concetto di correlazione, o meglio di compartecipazione, proprio come avviene tra i fondamentali meccanismi energetici, il cui scopo è quello di produrre energia.
Senza entrare eccessivamente nello specifico, non ci si può esimere dal descrivere le tre diverse tipologie di produzione energetica avente il fine ultimo di risintetizzare ATP (adenosintrifosfato):
AEROBICO – ANAEROBICO LATTACIDO – ANAEROBICO ALATTACIDO
$1* Meccanismo aerobico (Sistema ossidativo)
Avviene in presenza di ossigeno (O2) e, senza entrare nello specifico, la molecola di ossigeno scinde la sostanza nutritiva (carboidrati o lipidi o proteine) producendo ATP, H2O (acqua) e CO2 (anidride carbonica).
L’utilizzo di uno o di un altro combustibile varia a seconda della durata e dell’intensità dell’esercizio svolto, laddove all’aumentare della durata e ad intensità moderate saranno utilizzati principalmente i lipidi (grassi), salvo aumentare la combustione dei carboidrati all’aumentare dell’intensità. Quando le scorte di zuccheri saranno terminate e la richiesta energetica risulterà molto elevata, allora verranno utilizzate le proteine.
$1* Meccanismo anaerobico lattacido (Glicolisi anaerobica)
Non necessita di ossigeno e la produzione di energia avviene mediante la glicolisi.
Il meccanismo anaerobico lattacido si innesca utilizzando le scorte di carboidrati presenti sotto forma di glicogeno muscolare, epatico e del glucosio nel sangue.
Gli enzimi glicolitici agiscono sulla scissione di glicogeno o glucosio trasformandoli in acido piruvico, il cui destino è poi legato alla presenza di ossigeno (con produzione di AcetilCoA) o meno (lattato).
Molto sollecitato in prestazioni di 45 s. – 2 minuti.
* * Meccanismo anaerobico alattacido (ATP-PCr)
Il cosiddetto ATP-PCr. Le cellule oltre ad ATP contengono anche fosfocreatina, molecola altamente energetica, la cui scissione serve per ricostruire ATP e quindi mantenere costanti le riserve energetiche.
questo però il sistema meno duraturo in quanto l’esaurimento avviene rapidamente, è infatti il meccanismo che interviene negli sprint brevi, da 3 a 15 secondi.
CORRELAZIONE TRA I DIVERSI MECCANISMI ENERGETICI:
Ritornando sul concetto di compartecipazione tra sistemi, accennato poco fa, va da sé che i sistemi non agiscano in maniera indipendente tra loro, ed infatti la figura di qui sotto può rendere certamente meglio l’idea.
Fig.2 - Interazione sistemi energetici nel corso di un esercizio ad intensità massimale e durata crescente.
(Fig. 4.9 pag.148 – Fisiologia esercizio fisico e sport, J.Wilmore, D.Costill)
Il breve excursus riguardante i meccanismi energetici, dando di essi solo una panoramica generale, senza entrare nello specifico a livello fisiologico è, a mio parere, fondamentale per capire due concetti utili poi a comprendere meglio il ruolo della soglia:
- conoscere ed assimilare le differenze tra il lavoro aerobico e quello anaerobico
- percepire la soglia anaerobica come quel momento in cui il meccanismo (metabolismo) energetico da aerobico si trasforma in anaerobico, almeno parzialmente.
Ma quel “momento” è davvero a 4 mmol/L di concentrazione di lattato?
Il valore di soglia può realmente essere così standardizzato?
Ebbene, la risposta è no, o più precisamente la risposta è che la concentrazione di 4 mmol /L è il risultato di una media, ma essa può variare da soggetto a soggetto, quindi rappresenta una standardizzazione. A seconda del protocollo valutativo utilizzato inoltre, questo valore si avvicina in maniera più o meno precisa, infatti sempre ritornando ai concetti del tedesco Mader, egli raccomandava, al fine di ottenere risultati soddisfacenti, di analizzare la concentrazione di lattato ad intervalli non inferiori ai 4 minuti, meglio se compresi tra i 5 e i 10 (anche superiori), facendo fede alla stabilizzazione del lattato in quell’intervallo temporale.
Pertanto protocolli valutativi con analisi del lattato ogni 2’ sono, a parer mio, suffragato anche da diversi studiosi, poco attendibili.
Nel corso degli anni i concetti di Mader sono stati rivisti, in parte, su tutti dai tedeschi Stegmann e Kindermann che, nel 1982, parlarono per la prima volta di massimo lattato in steady state (MLSS), ovvero la massima intensità alla quale esiste un equilibrio tra il lattato prodotto dai muscoli ed il lattato smaltito dal sangue.
Questo concetto ha assunto grandissima importanza in ambito fisiologico e di valutazione, ma il suo grosso limite avviene in ambito pratico-applicativo, infatti occorrerebbe sottoporre un’atleta a molte prove, su giorni diversi, ad intensità variabili costanti, di durata 20-30 minuti.
Va da sé che per un atleta di alto livello tale protocollo sia sostenibile, mentre per un atleta non professionista che volesse valutare la propria performance con frequenza ridotta questo sia quasi inutilizzabile per via delle lunghe tempistiche.
L’evoluzione scientifica ha portato nel corso degli anni al susseguirsi di decine di teorie sulla SAN, non giungendo ancora ad una definizione definitiva ed inequivocabile, tant’è che gli studiosi Leger, Tomkakidis (1988) e Peronnet (1995), dopo aver valutato oltre trenta protocolli sia invasivi che non invasivi e ricavato soglie anaerobiche diverse fra loro giunsero a questa conclusione:
“Indubbiamente, se per scovare la soglia anaerobica sono stati profusi sforzi e tesori d’immaginazione, può essere che non essere riusciti a trovarla sia anche da considerare come una prova che forse non esiste”.
Un vero paradosso, ma che forse non si discosta nemmeno molto dalla realtà, quantomeno una chiave di lettura, sposata anche dal compianto Aldo Sassi.
Il mio pensiero è che standardizzare un concetto che dovrebbe essere invece individualizzato non sia mai l’operazione migliore, ma poiché nemmeno la scienza sia giunta ad una conclusione netta ed insindacabile, ad oggi per la valutazione di un atleta il Test di Mader sia, seppure con i suoi grandi limiti, tra i più vicini alla realtà, almeno in ambito applicativo nel ciclismo. Indubbiamente il MLSS risulterebbe più preciso e soggettivo (comunque non esente da errori), ma rappresenta ad oggi un “test da laboratorio” ristretto ad un numero esiguo di persone, pertanto poco applicabile.
Ritengo anche che il ruolo del lattato (da non confondere con acido lattico) e della frequenza cardiaca di soglia anaerobica assumeranno connotati e valore diverso non appena l’utilizzo dei powermeter (sempre nel ciclismo) sarà un bene di seconda necessità di massa, così da mettere in risalto concetti quali la potenza critica, la potenza massima ed il ruolo della forza nel ciclismo.
Quando accadrà la soglia sarà scovata? Ai posteri l’ardua sentenza…
FREQUENZA CARDIACA DI SOGLIA ANAEROBICA: confronti tra aspetti teorici e applicazioni pratiche.
Mi rendo conto che riprendere l’argomento e farlo analizzando dati ottenuti da diversi atleti su protocolli di valutazione differenti, diventi ora, dopo avervi inculcato dubbi relativi alla SAN piuttosto complicato, ma dimenticandoci per un attimo cosa vi sia attorno a questo “mito” ed osservando dei semplici dati si possono trarre spunti interessanti.
Ritornando con la mente all’articolo precedente è interessante notare come quanto detto relativamente alla FC max teorica (220-età) diventi ancor più lontano dalla realtà confrontando la soglia anaerobica ricavata da un Test di Mader (*) e la SAN teorica ricavata dalla formula:
(220-età) * 0,935.
Da tabella:
Fig.3 – Confronto tra frequenza cardiaca di soglia anaerobica ottenuta dalla formula teorica (220-età)*0,935 e quella ricavata secondo Test di Mader: (*) protocollo con step aventi incrementi di 30 watt tra loro e durata di 5’, su soggetti sani aventi ottenuto l’idoneità alla pratica sportiva. Test non massimale.
Si sono valutati 20 atleti suddivisi su quattro livelli e analizzate le differenze tra le due FC di SAN.
Valori ricavati tra il 2011 ed il 2013. Tabella di D.Zecchi
La tabella in figura 3 conferma ancora una volta, seppur su un campione limitato, come per ricavare la propria frequenza cardiaca di soglia non ci si possa affidare a calcoli teorici ma occorra svolgere un, o meglio più, test di valutazione. A seconda del test svolto e del protocollo scelto si potranno trovare delle discordanze, che saranno comunque meno evidenti di quelle in tabella, giusto per questo è necessario che il test sia confrontabile e ripetibile.
La frequenza cardiaca è dunque uno dei parametri più importanti in quanto da essa poi si vanno a ricavare tutti i valori di fondo per l’allenamento, anche se non è certamente l’unico parametro utile, successivamente lo scopriremo meglio. Osservando sempre la tabella non ci si può esimere da fare delle constatazioni e rispondere ai dubbi degli appassionati:
- in primis, avrete ormai capito come la FC sia un valore assolutamente soggettivo (vi rimando al capitolo sulla resistenza per gli approfondimenti), tale parametro è indipendente da individuo a individuo.
- in seconda analisi, a frequenze cardiache di soglia relativamente basse possono corrispondere grandi performance, smentendo quanti ancora pensino che un atleta a 190 bpm sviluppi più velocità di uno a 155 bpm. Il perché? Presto spiegato, la FC è un valore confrontabile sullo stesso soggetto ma non su atleti diversi, al contrario del rapporto peso-potenza, autentico limitatore e strumento di confronto della performance sportiva.
IL RUOLO FONDAMENTALE DEL RAPPORTO PESO-POTENZA (W/Kg.)
Fatti propri i concetti di qui sopra si può procedere, avviandoci alla conclusione, analizzando uno dei parametri più importanti del capitolo, il rapporto peso-potenza; ovvero quanti watt di potenza si esprimono in relazione al peso corporeo.
Fig.4 – Con riferimento alla figura 3 si analizzano i valori più alti, medi ed i più bassi relativamente al gruppo di atleti “A”, ordinati in maniera crescente rispetto al rapporto peso potenza (W/Kg.). D.Zecchi
Interessante ricavarne come l’atleta A1, avente il maggior rapporto peso/potenza (5,86) sia quello con i bpm in soglia più bassi, mentre l’atleta A5 raggiunge “solo” i 5 W/Kg. pur avendo addirittura 32 bpm in più di A1. Il che è maggiormente visibile nel confronto A2-A3:
A2 = scalatore puro, corse a tappe - A3 = biker
A2 = sviluppa “solo” 298 Watt (valore più basso) - A3 = ben 348 Watt
Il rapporto peso/potenza, a fronte dei 13 chili in meno di peso per A2 è però nettamente a favore di A2 stesso.
Questo esempio ci porta con certezza a definire il rapporto peso potenza in soglia come la discriminante maggiore per quanto riguarda la prestazione sportiva nel ciclismo.
Per quanto concerne i numeri ed i valori limite dei W/Kg. occorre considerare come il rapporto sia influenzato molto dal tipo di test. Per esperienza un Test Conconi tenderà a dare valori sovrastimati rispetto ad un Test di Mader, pertanto il rapporto P/P è dipendente da fattori quali la durata della rilevazione e quindi dal protocollo utilizzato.
Fondamentale è anche il periodo in cui viene svolto il test, in quanto esecuzioni a Febbraio o Maggio possono dare valori tra loro assai differenti, quasi sempre con un netto miglioramento nel corso del secondo test (Maggio ad esempio).
Su questo tema ci si potrebbe dilungare ancora moltissimo, pertanto ritengo utile farlo in un argomento a sé stante e chiudere la nostra, appassionante parentesi sulla soglia anaerobica in relazione alla frequenza cardiaca, per aprire un altro, nuovo, mondo: giungeremo infatti a scoprire il ruolo dei watt nel ciclismo approfondendo da prima i concetti condizionali di forza, velocità e potenza.
Grazie dell’attenzione
Davide Zecchi
Dott. in Scienze Motorie
www.zetatraining.it
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:
Fisiologia dell’esercizio fisico e dello sport” di J.Wilmore – D.Costill
“Dalla parte del ciclismo” di A.Sassi
“Confronto tra frequenza cardiaca di soglia anaerobica ottenuta dalla formula teorica (220-età)*0,935 e quella ricavata secondo Test di Mader. Suddivisione in gruppi A-B-C-D per abilità”. D.Zecchi, Zetatraining.